FanFiction: SUPERMIKE capitolo 3

Un nuovo, incredibile pareggio tra le prime due opzioni disponibili al termine del capitolo precedente mi ha di nuovo costretto a usare il mio voto per far pendere la bilancia da qualche parte.
La mia scelta è dunque ricaduta sull’opzione 2: il luogo dove gli agenti di altrove vogliono portare Supermike è Five Points, quartiere degradato di Manhattan nel quale è ambientato “Gangs of New York” di Martin Scorsese. Iniziamo.

Capitolo 3

Fanfiction SUPERMIKE Capitolo 3

FIVE POINTS

Il mattino successivo i due agenti di Altrove mantengono la parola recandosi all’albergo dove dimora Supermike e trovandolo già seduto al bar, intento a consumare una robusta colazione.
«Signori, buongiorno!» li saluta, solare, senza nemmeno un segno visibile della sbronza della sera prima o delle poche ore di sonno. Ha trovato anche il tempo di lavarsi e radersi. «Spero che mi darete il tempo di salire a recuperare qualche bagaglio.»
«Non ci sarà bisogno di bagagli, non andiamo lontano. Rimaniamo a Manhattan. Stanotte potrà anche tornare a dormire qui, se lo vorrà.»
«Ehi! E quella storia di alzarsi all’alba?»
«Lo vedrà. Ha finito la sua colazione?»
Supermike ingoia l’ultimo uovo sodo in due bocconi, termina il caffè e si alza con un sorriso. «Io sono pronto! Dov’è che andiamo?»
Roberts sorride a sua volta. «Se me lo permette, preferirei che fosse una sopresa.»
«Mi sembra un’ottima idea! Ho calcato diversi palcoscenici a Broadway, sapete? Con splendide recensioni, devo dire. E il mio Amleto al Sans Souci mi valse il titolo di “nuova giovane stella del teatro americano” su molti giornali, tanto che mi vennero richieste numerose repliche… ma io non sono fatto per ripetere le stesse battute all’infinito. Comunque, apprezzo il vostro tentativo di tenere alta la suspense. Avete molti teatri, a Philadelfia?»
«…va bene, signor Supermike, lei è un super attore. Vogliamo andare?»
«Certo!»

Gli agenti di Altrove scortano Supermike a una carrozza nera con le tende tirate, che li aspetta di fronte all’albergo.
«Molto teatrale anche questa!»
Il tragitto dura poco più di mezz’ora, durante la quale Supermike smette raramente di parlare.
«Voi di Altrove dovete avere una predilizione per queste carrozze agghindate a morto. Ne abbiamo usata una identica quella volta che ho aiutato il vostro collega Edgar Allan Poe a risolvere un caso a Boston, che coinvolgeva una serie di omicidi e un gorilla. Ha detto che ne avrebbe ricavato un racconto, con me nella parte di un infallibile investigatore. Non vedo l’ora di leggerlo, quel Poe è davvero un bravo scrittore, anche se tende a eccedere nelle descrizioni…»
«Già… glielo riferiremo.» commenta Jesse. «Siamo quasi arrivati.»
Supermike scosta la tendina per guardare fuori. Squallide abitazioni popolari fatiscenti con le imposte marce ben serrate, lampioni non funzionanti, immondizia gettata ovunque. E un odore che costringe Supermike a ritrarre in fretta la testa.
«Ehi, ma non saremo mica ai Five Points?»
«Proprio lì.»
Il volto di Mike Gordon si rabbuia per qualche istante, prima di ritrovare la consueta baldanza. «E che ci siamo venuti a fare? A parte farci ammazzare e rubare carrozza e vestiti, ovviamente… ma di quello non dovete preoccuparvi, finché siete con me!»
«Oh, sì, una vera fortuna…» Roberts si sporge a tirare la tendina che Supermike aveva lasciato aperta a metà. «Come diceva lei prima: suspense. Abbia ancora pazienza per qualche minuto.»
«Davvero, sareste degli ottimi teatranti.»
La carrozza continua per la sua strada ancora per qualche minuto, poi il cocchiere tira le redini e la vettura si ferma. Roberts solleva di un paio di centimetri la tendina dalla sua parte, tenendola aperta col dito e sbirciando fuori. «Tutte le mattine, o quasi, viene qui, ad allenarsi in questa palestra di pugilato. Ha mantenuto le sane abitudini.»
«Ma di chi state parlando?»
«Eccolo! Stia attento a non farsi scorgere.»
Supermike solleva la tendina e guarda la strada con un occhio solo. C’è un uomo alto, robusto e ben vestito, con un cilindro da sotto il quale escono folti capelli neri e una borsa portata a mano, che si dirige con passo svelto e sicuro verso un edificio mezzo diroccato, indistinguibile da quelli vicini se non fosse per un’insegna scolorita che recita “scuola di pugilato”. Supermike non riesce a distinguere il volto dell’uomo, che è girato dall’altra parte.
Lo segue con lo sguardo fino a che entra nell’edificio, poi si rivolge agli agenti di Altrove. «Ebbene?»
«Ora ci spostiamo.» Roberts batte due colpi contro l’intelaiatura della carrozza, che riparte con uno strattone. «Sul retro c’è un finestrone dal quale possiamo vedere dentro. Certo che è un bel tipo eh?» continua, rivolto al suo collega. «Con tutta la gente che lo vorrebbe vedere morto, se ne va in giro da solo. Mi chiedo se sia coraggio o incoscienza, ma conoscendolo propendo per la prima.»
«Ancora suspense, eh?» commenta Supermike.
La carrozza si ferma nuovamente dopo un paio di curve strette, e Roberts invita Supermike a guardare fuori.
La vetrata è macchiata e sporca di polvere, ma è abbastanza grande da permettere di vedere una buona parte dell’interno.
Roberts scosta a sua volta la tendina. «Il nostro uomo dovrebbe essere… eccolo. Sta facendo trazioni alla sbarra.»
Supermike lo cerca per qualche istante, poi esclama: «Ma… che… diavolo…»
L’uomo è vestito con pantaloni attillati e una canottiera bianca che mette in mostra il fisico poderoso, ma anche senza il suo costume è impossibile non riconoscerlo.
Supermike chiude la tendina e si rivolge agli agenti di Altrove. «Zagor? Che ci fa qui Zagor?»
Jesse scambia uno sguardo divertito con Roberts. «Sembra che tutta quella suspense abbia funzionato, no?»
«C’è qualcosa che non quadra.» Supermike torna a sbirciare. Zagor termina il riscaldamento e sale sul ring con uno sparring partner, ma la sua superiorità è evidente, tanto che lo spirito con la scure invita un altro pugile a salire sul ring, per affrontarli insieme. Dalle facce dei due, è evidente che sono terrorizzati. E infatti lo Zagor che li affronta è diverso da quello che Supermike ricorda. È’ brutale, violento. E quella che sta facendo più che boxe sembra una rissa da strada.
Ciò non toglie che abbia la meglio sui due pugili in ben poco tempo.
«Che sta succedendo?»
Roberts batte di nuovo sulla carrozza, che riparte. «Spostiamoci, o daremo nell’occhio. Quello che ha visto è proprio Zagor, e ci serve il suo aiuto per batterlo e mettere fine al regno di terrore che ha imposto su questo quartiere.»
«Ma di che… cavolo… state parlando?»
«Zagor ha avuto una specie di crollo psichico, pensiamo, quando il suo grasso amico messicano è morto, per mano di un trafficante di whisky. Una morte banale, a quanto abbiamo sentito dire. Ha messo per sbaglio il naso dove non doveva e bang, gli hanno sparato. Supponiamo che anche questa “banalità” sia tra le cause del tracollo di quello che conoscevamo come Zagor. Una morte con più “significato” forse avrebbe avuto un effetto diverso… Comunque, Zagor ha dato di matto, trucidando senza pietà gli assassini di Cico, come quando, prima di intraprendere la carriera di giustiziere, dava la caccia a quelli che avevano ucciso la sua famiglia.»
«Non conosco questa storia…»
«Non ha importanza. In seguito Zagor ha abbandonato la sua casa e la sua foresta, forse per allontanarsi dai posti dove aveva vissuto col suo amico. Da qualche parte, non sappiamo dove, ha reincontrato una sua vecchia fiamma: Gambit, avventuriera e giocatrice d’azzardo. La donna deve aver avuto una forte influenza sulla psiche danneggiata di Zagor, che ha deciso di rimanere con lei a vivere quella vita. Varie altre vicissitudini li hanno portati a New York a cercare di fare fortuna nelle sale da gioco, poi tra le fila della gang di Mike “il mastino” Donegan, capo degli Irlandesi. Qui dopo poco tempo sono riusciti a prendere il suo posto, e ora capeggiano la sua banda. La faida con la gang rivale degli Italiani sta degenerando in…»
«Un momento, un momento: non credo a una sola parola di quello che mi state dicendo. Zagor che dà di matto e si mette a capo di una banda di tagliagole insieme a una donna? Suona assurdo anche mentre lo dite.»
«Eppure, è così. Ci dispiace di non poterle mostrare Zagor in azione mentre addestra gruppi di ragazzini come borseggiatori o mentre invia denaro al sindaco perché chiuda un occhio sulla sua attività, eppure…»
«No! Vi state sbagliando. O mi state mentendo.»

FINE DEL CAPITOLO 3

E ora, un po’ a malincuore, devo giocarmi un “colpo di scena” che avrei potuto inserire più avanti, facendolo decidere a voi…

OPZIONE 1: gli agenti di Altrove stanno dicendo la verità. Ci troviamo quindi in un continuum parallelo, o in una storia alternativa se preferite, dove Zagor è effettivamente crollato alla morte di Cico e si è fatto trascinare da Gambit in una spirale discendente che l’ha portato più in basso di quanto si potesse immaginare.

OPZIONE 2: gli agenti di Altrove mentono, o le loro informazioni sono errate, o inesatte, o incomplete, o non ci hanno ancora rivelato tutto quello che sanno. Non ci troviamo in una dimensione parallela ma in quella che conosciamo bene. Rimane il mistero di cosa ci faccia Zagor nel quartiere più pericoloso di New York…

A voi la parola!

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