Fanfiction SUPERMIKE: capitolo 9

Nessuna possibilità di scelta alla fine del capitolo precedente, quindi si va avanti dritti come una scure ben lanciata!

CAPITOLO NOVE: L’ARTEFATTO

All’inizio dello scontro gli spettatori rumoreggiavano e incitavano il loro boss, divertiti. Poi, man mano che si rendevano conto che il loro Zagor ha trovato qualcuno in grado di tenergli testa, hanno smesso di gridare e di agitare i pugni, i rumori si sono affievoliti, e gli sguardi si sono fatti fissi e attenti. Lo scontro prosegue in un silenziosurreale, interrotto solo dagli ansimi e dai gemiti dei due contendenti e illuminato dalle prime luci di una livida alba che faticano ad attraversare la cortina di umidità nebbiosa che ricopre i Five Points.
Supermike schiva un pugno al volto, si fa sotto con un diretto allo stomaco che Zagor para incrociando le braccia davanti al corpo, tenta di destabilizzarlo con una spazzata che Zagor evita con un salto. Ricadendo Zagor sferra un pugno dall’alto, a cui Supermike si sottrae con una giravolta. Senza fermare il movimento puntella una mano a terra e la usa come perno, roteando le gambe in una mossa di Capoeira che coglie Zagor al viso. Zagor indietreggia barcollando, e Supermike spazza di nuovo con l’altra gamba senza rialzarsi, colpendolo alle caviglie e facendolo cadere pesantemente a terra. Supermike si rialza e balza su Zagor deciso a inchiodarlo al suolo, ma quello si è già ripreso e lo ferma con un calcio allo stomaco che gli toglie il fiato e lo spinge indietro. Zagor si rialza e si riabbassa subito, evitando il pugno di Supermike per un capello e colpendolo al petto.
Si allontanano e si fermano per un istante, ansimanti, in guardia. Entrambi mostrano già molti lividi sul viso e sul corpo, Supermike sanguina da un taglio allo zigomo, Zagor dal labbro inferiore.
«Non ce la fai più, Gordon. Sto per umiliarti di nuovo.»
Supermike sbotta. «Ma tu credi davvero di aver vinto il nostro primo scontro?» “Tu o il tuo omologo di questa realtà”, pensa.
«Hai vinto solo le sfide che avevi proposto tu, e in cui io non avevo nessuna esperienza. Prendere al volo un serpente velenoso, affrontare un puma in una gabbia! Roba che potrebbe venire in mente solo a un rozzo uomo dei boschi che ha a che fare con queste bestie tutti i giorni! Nelle sfide in cui giocavamo alla pari sono stato io a vincere! Beh, questo non è uno di quei tuoi strampalati duelli indiani con regole assurde che solo tu conosci. Qui non siamo in cima a un palo sopra un tappeto di coltelli. Qui siamo sulla nuda terra, nella MIA città! Niente esotismi per eccitare il pubblico, solo io e te, alla pari. E sappiamo chi vince quando giochiamo alla pari.»
«Io e te non siamo alla pari, Gordon. Tu sei sempre stato solo uno sbruffone.»
La risposta è un ringhio. «Chiamami… Supermike.»
E si scagliano di nuovo l’uno contro l’altro, lanciando le loro grida di guerra.

Gambit risale le scale di corsa tornando, suo malgrado, verso la stanza da cui ha fatto tanta fatica a uscire. Non incontra nessuno fino all’ultimo piano, ma apre comunque la porta con estrema cautela, maledicendosi per non aver pensato a prendere la pistola che ha visto infilata nella cintura di Zagor. Troppe emozioni in una volta per poter pensare lucidamente.
Rimane in ascolto per qualche istante. Non sente nessuno, quindi si arrischia a uscire nel corridoio.
Il grido di Zagor proveniente dalla strada, mischiato a un altro grido simile, la attira verso la finestra. Giù in piazza l’altro Zagor, quel bastardo con cui ha condiviso il letto per mesi, che l’ha trascinata più in basso di quanto non sia mai scesa, si sta battendo con un altro tizio biondo vestito di giallo, che sembra addirittura in grado di tenergli testa. Tutti gli “irlandesi” sono giù, a guardare lo scontro in silenzio religioso. Non hanno mai visto il loro capo in difficoltà.
Troppe cose che non riesce a capire.
Ma deve essere onesta con sé stessa. Avrebbe potuto mandare al diavolo questa copia di Zagor quando le cose hanno iniziato a precipitare, ma ha scelto di rimanere con lui. Pensava che fosse sconvolto dalla morte di Cico, e ha tentato fino all’ultimo di lenire le ferite della sua anima. È arrivata ad accettare cose orribili. Non è mai stata una santa, ma non avrebbe mai creduto di poter arrivare a questo punto.
Per poi scoprire che non era davvero lui.
Non che sia riuscita a capire chi sia. Ma non era l’uomo che amava, comunque. Era un impostore, che si è infilato nel suo letto fino a divenirne il padrone.
E lei l’ha lasciato fare.
Non sa dirsi chi le faccia più schifo.
Spera solo che Zagor, quello vero, possa perdonarla.
Si riscuote. Se Zagor vuole quell’oggetto, ci deve essere un motivo. Si dirige a passi svelti verso la stanza che ha condiviso con l’impostore per davvero troppo tempo, apre la porta con una certa riluttanza ed entra, badando a lasciarla spalancata. L’idea di rimanere di nuovo chiusa lì dentro la terrorizza.
Cerca di non guardare il letto dove l’impostore ha giaciuto con lei, instupidita dall’amore, e raggiunge la cassettiera di Zagor. Dell’altro Zagor. Apre tutti i cassetti, sicura di averlo visto rigirarsi tra le mani quel coso più di una volta, mentre credeva che dormisse. Ed eccolo, nell’ultimo cassetto, un oggetto dalla forma somigliante al guscio di una chiocciola, arancione, liscio, simile al vetro al tatto, con una spirale che più che incisa sembra essere stata realizzata appoggiando qualcosa di pesante sull’artefatto quando era ancora malleabile, se è stato soffiato come vetro. Lo solleva, e deve usare entrambe le mani. È pesante, sembra vetro pieno. Non riesce a capire quanto sia fragile.
Si rialza con cautela, e sente dei passi. Si volta di scatto: oltre la porta spalancata, due donne la guardano a bocca aperta.
Riconosce le puttane con cui l’impostore ha soddisfatto i suoi appetiti negli ultimi giorni, che dormivano su quello stesso piano.
Si irrigidisce, sfiorando il panico e stringendo a sé l’artefatto. Le donne iniziano a indietreggiare lentamente, tenendola d’occhio.
Gambit ha un’intuizione. «Siete venute per cercare qualcosa da rubare?» chiede.
Le donne non rispondono.
«Io ho già quello che mi interessa. Se volete, la cassaforte è dietro quel quadro. La combinazione è 15-6-61. Ci sono un mucchio di soldi, lì dentro. Fateci quello che vi pare.»
Senza dire altro, Gambit esce passando di fianco alle due donne stupefatte, e se ne va.
Scende le scale di corsa, senza più badare alla prudenza. Ritrova Zagor quasi nella stessa posizione in cui l’ha lasciato. Deve scuoterlo per farlo risvegliare.
«Zagor! Svegliati, dai!»
Zagor apre lentamente gli occhi e le rivolge un sorriso. Lei solleva l’artefatto davanti ai suoi occhi.»
«È questo?»
«Credo di sì… non l’ho mai visto… me l’hanno descritto gli agenti di altrove… ne hanno uno uguale, ben chiuso nel loro magazzino.»
«Ma si può sapere che diavolo è?»
«Aiutami… ad alzarmi…»
Zagor passa un braccio sopra le spalle di Gambit e prende l’artefatto, tenendolo sottobraccio, mentre lei lo aiuta a salire, molto lentamente, le scale.»
«Ad Altrove hanno cercato di spiegarmi cos’è… ma credo che non lo sappiano con esattezza… neanche loro.» Dopo pochi scalini, Zagor ha già il fiatone. «Realizzato con… antica magia… più antica di Atlantide… ma non ha mai funzionato… doveva caricarsi… assorbire energia… Ci sono voluti millenni…»
«E quindi ora… è carico e funziona?» Zagor è dannatamente pesante, e barcolla ad ogni passo. Quelle scale stanno diventando un incubo.
«Non del tutto… Ad Altrove pensano… che non abbia funzionato bene… che invece di fare il suo lavoro… abbia trovato una scappatoia… un’alternativa…»
«E che cosa fa?»
«Esaudisce… desideri…»

FINE DEL CAPITOLO NOVE.

curiosità: magari l’avete riconosciuta, comunque la combinazione della cassaforte è la data di uscita del primo albo a strisce di Zagor.

Ok, ora inserire delle opzioni tra cui scegliere per me sta diventando davvero difficile… La prosecuzione della storia è ormai scritta a chiare lettere nella mia testa, e non mi riesce di immaginare un’opzione alternativa!

Va beh, proviamo così…

OPZIONE 1: Volete vedere Cico?
OPZIONE 2: Non volete vedere Cico?

E speriamo che mi vada bene…
Il prossimo capitolo teoricamente dovrebbe essere l’ultimo. Ma ho paura che dovrò di nuovo dividerlo in due per eccessiva lunghezza…

Vai al capitolo 10